L’Università Statale di Milano apre le proprie porte agli eSport

esport nelle università

Gli eSports trovano spazio anche Italia nell’alta formazione e nelle Università. Un fenomeno mondiale che nel nostro Paese riceve sempre più attenzioni e interessi.

Lo ha confermato la Statale di Milano attraverso il Cus, il Centro Universitario Sportivo che,  favorisce e diffonde il potenziamento delle discipline agonistiche da 70 anni, e ha annunciato qualche giorno fa di “riconoscere e aprire le sue porte al fenomeno dell’eSport, promuovendone l’inclusione fra le proprie attività”.
Un gran passo verso il futuro delle competizioni elettroniche, anche l’Italia non può restare impassibile a quello che sta diventando un fenomeno sempre più diffuso tra i giovani.

Dopo l’apertura alle competizioni videoludiche da parte del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), quella del Cus non è di certo una dichiarazione di circostanza: ciò significa che già nel 2018, i Campionati di Facoltà costituiti da tornei di sport tradizionali come calcio, basket, pallavolo e running schiereranno giocatori di League of Legends, Call of Duty o Overwatch, cercando di coinvolgere centinaia di studenti che già praticano gli eSport.

L’idea è nata anche grazie alla partecipazione della University Esports Series, la realtà fondata in seno a PG eSports, che si impegna da anni a portare nelle università le competizioni sportive elettroniche attraverso eventi e tornei. Una delle principali priorità è quella di promuovere una lega universitaria europea per gli sport elettronici.

Dalle nostre parti, l’economia mossa dal gaming competitivo si esprime ancora con cifre piuttosto basse, un censimento di Paypal e SuperData ha rilevato che nel 2016 si sono spostati poco più di 12 milioni di euro in Italia. Se escludiamo il registro Giochi Elettronici Competitivi, gli eSport in Italia presentano un tessuto organizzativo frammentato e modelli di business ancora non adeguatamente strutturati. Anche alcuni giocatori italiani balzati al vertice delle classifiche internazionali come da Daniele Di Mauro con League of Legends, o ai campioni europei di Fifa e Pes, Daniele Paolucci ed Ettore Giannuzzi non sono riconducibili ad alcuna attività di sistema.

Sarebbe sbagliato però ignorare un’audience che si stima potrebbe raddoppiare ogni anno, e, un rilievo su 22 Paesi che conferma come oggi il 40% delle persone che hanno tra i 16 e i 40 anni sia interessato ai videogiochi competitivi.
“L’esport è sempre stato un buco nero di marketing, in cui investire per avere un ritorno di immagine – ha affermato alla prima edizione dell’eSport Summit dello Iulm, Stefano Cozzi, Eu Core Publishing Manager di Riot Games,  casa madre di League of Legends e che oggi è del colosso cinese Tencent – per la prima volta lo si guarda come una fonte di guadagno già nella sua trasmissione, per i diritti di diffusione e gli introiti annessi”.

Il 13 dicembre si è tenuta l’inaugurazione della seconda edizione dei Campionati di Facoltà, in cui il rettore, Gianluca Vago, ha premiato gli atleti distintisi nel 2017 nelle discipline tradizionali. La cerimonia ha ospitato anche la presentazione degli studenti dell’ateneo poche settimane fa trionfatori al torneo italiano di League of Legends.
Fra un’annetto potrebbero ricevere la maglia ufficiale, fra qualche altro anno ancora potrebbero essere affiancati da professionisti laureati in eSport; o magari potrebbero essere stanziate borse di studio, come accade già attualmente alla Robert Morris University dell’Illinois o la Upike nel Kentuky, che sono l’eccellenza nelle competizioni elettroniche.

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